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Villa di Berlusconi ad Arcore
Si chiama Beatrice Rangoni Machiavelli e racconta all’Unità la sua
versione della storia del passaggio della villa di Arcore e dei terreni
su cui è stata costruita Milano 2. Un racconto, secondo lei, fatto di
truffe, doppi giochi e minacce in cui, alla fine, la villa e i terreni
della famiglia Casati Stampa di Soncino finiscono al giovane e rampante
imprenditore milanese Silvio Berlusconi. La Rangoni Machiavelli è la
cognata di Annamaria Casati Stampa, la giovane che eredita il patrimonio
dopo la tragica morte di suo padre e che, ancora minorenne, perde la
villa di Arcore per 500 milioni di lire. Ma a far gridare alla truffa la
donna non è tanto il prezzo quanto il modo in cui è avvenuta la
transazione.
Un racconto, quello della donna, in cui non mancano le accuse: la più
diretta è quella al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi,
accusato di essere autore di “un doppio raggiro”. Poi c’è l’avvocato
Cesare Previti che, divenuto curatore degli interessi della giovane,
secondo la Mangoni Machiavelli ha finito per fare solo quelli di
Berlusconi. Nell’intervista compare anche Vittorio Mangano lo stalliere
condannato per mafia definito “eroe” da Marcello Dell’Utri. Mangano si
sarebbe presentato con il fucile spianato al fratello delle Rangoni
Machiavelli andato ad Arcore per sistemare una questione relativa alla
proprietà di alcuni quadri.
La storia inizia nel 1970, con un tragico omicidio suicidio. Ricorda
la Rangoni Machiavelli: “Annamaria arriva a Fiumicino da un viaggio con
alcuni amici. Chiama il padre, il marchese Camillo che dopo la morte
della mamma di Annamaria si era sposato con Anna Fallarino, per farsi
venire a prendere. Camillo la rassicura ma le dice restare ancora
qualche giorno con gli amici. Il marchese in realtà, depresso e in
pessimi rapporti con la signora Fallarino, aveva già pianificato di
suicidarsi. Solo che nelle stesse ore in quella casa arrivano la moglie e
il suo amante Massimo Minorenti, lo ricattano, gli chiedono un miliardo
di lire per ritirare alcune foto compromettenti già consegnate ai
giornali. Lui perde la testa, ammazza e si ammazza. Fu Annamaria a dover
riconoscere i corpi sfigurati del padre e della matrigna. Del caso
parlò tutta Italia, per mesi. Potete immaginare lo choc di quella
ragazza”.
Resta il fatto che la giovane rimane orfana e titolare di un
patrimonio enorme e, come accade in questi casi, immediatamente
conteso. In ballo, scrive l’autrice dell’intervista, Claudia Fusani,
entra subito l’avvocato Cesare Previti, che, spiega la Rangoni
Machiavelli “ha una relazione con la sorella di Anna Fallarino. La prima
cosa che fa è cercare di dimostrare che la famiglia Fallarino è l’unica
erede del patrimonio Casati Stampa perchè la donna è morta dopo il
marito. L’autopsia gli dà torto: la giovane e minorenne Annamaria è
l’unica erede. Il padre, Camillo, è morto due minuti e trenta secondi
dopo”.
Previti, però, prosegue la nobile, diventa comunque il curatore dei
beni di Annamaria insieme ad un altro avvocato, Giorgio Bergamasco. “Qui
– denuncia la Rangoni Machiavelli – comincia il raggiro. La ragazza non
ha soldi, non ha potere di firma e ogni decisione è delegata a
Bergamasco-Previti. Fatto sta che un giorno, siamo nel 1973, Previti
dice ad Annamaria: “Ma come sei fortunata, c’è un certo Berlusconi che
vuole comprare, 500 milioni…”. Annamaria replica che è un po’ poco, e
Previti la rassicura: “Mavalà, in fondo gli diamo solo la villa nuda, la
cappella e un po’ di giardino intorno…”. Previti lascia intendere che
arredi, pinacoteche, biblioteche, il parco, tutto sarebbe rimasto a lei
mentre invece stava vendendo tutto”.
Poco dopo la ragazza, appena maggiorenne se ne va in Brasile e si
sposa, con l’intenzione di iniziare una vita nuova. La cognata, però,
non molla ed è decisa a tutto per avere la revoca dell’incarico di
curatore dei beni a Previti. Dopo la partenza di Annamaria, racconta,
“il curatore ha campo libero. Io me ne accorgo solo nel 1980, dopo che è
stata completata la vendita di villa San Martino. Avverto Previti che
avrei raccontato tutto a Anna Maria. Lui mi risponde, ancora lo ricordo,
che mai sarei riuscita a portare un pezzo di carta ad Annamaria in
Brasile con delle prove. Invece ce l’ ho fatta: avevo nascosto il
dossier con la documentazione in un biliardino. Ricordo anche che a
Fiumicino ci perquisirono con molta accuratezza. Per andare in Brasile,
strano no…”.
Alla fine la Rangoni Machiavelli ottiene le procure ma la sua
battaglia è tutt’altro che finita. Ed entra in scena anche lo stalliere
‘eroe’ Mangano: “Abbiamo provato negli anni a riprendere almeno qualche
quadro, un Annigoni, ad esempio. Mio fratello andò di persona ad Arcore,
fu la volta che si trovò davanti Mangano con tanto di fucile.
Berlusconi ci chiese quanto volevamo per venderlo a lui. Ma noi non
volevamo venderlo. Non ce l’ha mai reso. Così come le 14 stazioni della
via Crucis di Bernardino Luini, nella cappella di famiglia”.
Alla fine la donna sbotta racconta di Annamaria, disinteressata alla
storia del patrimonio di famiglia e sbotta: ”Non ne vuole sapere più
nulla e nesuno ha mai pensato che potesse essere risarcita. Io però
continuo da allora la mia battaglia a tutti i livelli perchè credo sia
giusto che si conosca la qualità delle persone che ci governano. Sotto
il profilo penale, purtroppo, non è mai stato possibile fare nulla”.